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Mercoledì, 08 Agosto 2018 08:41

Il cibo, bene primario e valore culturale

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Nutrirsi è un’azione fisiologica, eppure il cibo è più di un alimento; è relazione, cultura, identità, impegno, cura. Come diceva il filosofo tedesco Feuerbach in una sua opera del 1862: ”l’uomo è ciò che mangia”. Il cibo è sostanza viva, attiva e in evoluzione. Ci struttura, ci fa esistere ed essere, e ancor più ci rapporta agli altri.
Il riunirsi intorno ad una tavola imbandita è stato da sempre oggetto di attenzione da parte di artisti e letterati. Pensiamo, ad esempio, al Convivio di Dante, in cui il banchetto diventa il luogo metaforico dove vengono allestite le pietanze della sapienza, in grado di connettere corpo e spirito. Oppure, alla più popolare scena degli spaghetti in Miseria e Nobiltà di Totò, dove le vivande sfamano il corpo e ristorano la mente, sono sinonimo di desiderio agognato e raggiunto. Il cibo è un ponte tra corpo ed anima. Si mangia, oltre che per necessità, per assaporare, gustare e deliziarsi, per tramandare tradizioni e inventarne di nuove, per dire chi siamo e da dove veniamo, per comunicare. In tal senso, il cibo parla svariati linguaggi, esso è un fatto culturale, che rimanda ad un universo di significati e valori più profondo di ciò che vediamo in superficie. Soprattutto oggi, quando si riconosce maggiore attenzione al cibo perché correlato a diverse tematiche: dal consumo smisurato e vero e proprio spreco nelle società occidentali, alla scarsità di cibo in contesti sempre più diffusi; dal rapporto tra nutrizione e salute ai sistemi di produzione; dalla sicurezza alimentare alla mistificazione; dal significato identitario all’integrazione con culture enogastronomiche diverse. La rilevanza che il cibo ha avuto e continua ad avere nella storia dell’uomo è, quindi, inequivocabile e l’importanza che esso ha assunto nella formazione della cultura italiana è sottolineata anche da recenti scelte istituzionali. I Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali e dei beni culturali e del turismo hanno proclamato il 2018 “Anno nazionale del cibo italiano”, al fine di diffondere la cultura e la tradizione enogastronomica del Bel Paese, con un denso calendario di eventi e manifestazioni che legano il cibo al patrimonio artistico e paesaggistico. Un viaggio lungo un anno per promuovere le eccellenze italiane, coinvolgendo gli attori principali del mondo alimentare: agricoltori, allevatori, pescatori, cuochi, consumatori. Interessante, all’interno dell’ iniziativa, è il lancio dei “distretti del cibo”, uno strumento di programmazione territoriale per incentivare, con finanziamenti dedicati (5 milioni di euro per il 2018 e 10 milioni nel 2019), le filiere agroalimentari e incoraggiare la sinergia tra realtà agricole e attività di prossimità. In particolare, è proprio in contesti specifici e localizzati che il cibo appare pienamente nel suo ruolo identitario, come patrimonio di saperi, indicativo delle specialità locali, dei modi tradizionali di produrre e consumare, delle storie legate agli alimenti e ai piatti tipici. Le ricette tradizionali sono più di un elenco di ingredienti, sono un racconto della civiltà e delle comunità a cui appartengono, una narrazione che si tramanda, che unisce e coinvolge in quanto strumento di convivialità, una testimonianza che - soprattutto nelle piccole comunità - si fa ospitalità, invito a fermarsi, degustare, gradire. In simili contesti si può fare esperienza diretta del cibo nelle sue svariate forme e si può anche recuperare il senso del tempo necessario a produrlo, a prepararlo e a consumarlo. Un tempo che restituisce all’individuo ritmi naturali, che sfuggono sempre più nella caoticità del mondo contemporaneo. In definitiva, “mangiare è un atto agricolo”, come recita il titolo della raccolta di saggi di Wendell Berry, scrittore e ambientalista statunitense, ed un impulso in questa direzione può migliorare la comune consapevolezza del cibo, di ciò che significa, di come viene prodotto, della gestione della terra e del lavoro agricolo ad esso connessi, di come l’alimentazione quotidiana incida sul nostro presente e sul futuro. E allora, essere consapevoli di come ci nutriamo ci renderà responsabili della nostra scala di valori, di come agiamo e di cosa scegliamo, anche di fronte ad un semplice piatto di spaghetti al pomodoro.
Letto 11682 volte Ultima modifica il Mercoledì, 08 Agosto 2018 08:47
DiMa

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